A mio parere la comicità, ovvero l’effetto umoristico, è legato alla percezione inconscia della differenza di rango sociale tra due persone, ovvero della superiorità o inferiorità di una persona rispetto ad un’altra in una gerarchia generale.
Suppongo infatti che ciò che strappa la risata sia l’immediato capovolgimento del rapporto superiore/inferiore tra due persone dovuto ad un repentino cambio di contesto, che a sua volta determina un cambiamento di significati e di valori nel quadro che si sta osservando o che viene raccontato.
Penso questo perché ritengo che ogni essere umano sia costantemente preoccupato (consciamente o inconsciamente) di mantenere o aumentare il suo rango sociale, ovvero soprattutto di non scendere, e possibilmente di salire, nella scala gerarchica complessiva della comunità a cui appartiene. Questa preoccupazione è dovuta al fondamentale bisogno di ogni essere umano, di appartenere ad una comunità, e del conseguente timore di essere emarginati o di essere collocati in posizioni più svantaggiose rispetto agli altri.
Prendiamo ad esempio la seguente vignetta.
L’effetto comico della vignetta nasce, a parer mio, dall’improvviso capovolgimento del rapporto di superiorità/inferiorità tra il ragazzino e la ragazzina percepito inconsciamente dallo spettatore, per effetto della dinamica che segue.
Inizialmente abbiamo un contesto cognitivo in cui il ragazzino viene inconsciamente percepito dallo spettatore come superiore alla ragazzina. Infatti quello si vanta di possedere qualcosa che la seconda non ha. Ma la risposta di questa sostituisce di colpo, nell’attenzione dello spettatore, il contesto iniziale con uno diverso in cui lei è vincente, ovvero superiore. Infatti la ragazzina dimostra in modo convincente che ciò che appariva come una sua caratteristica svantaggiosa è in realtà vantaggiosa, molto più di quella ostentata dal suo antagonista.
L’effetto comico è accentuato dal fatto che il ragazzino si vanta della sua superiorità, per cui la sua caduta è ancor più rovinosa e il capovolgimento delle posizioni ancora più evidente.
E’ interessante osservare che la frase del ragazzino e quella della ragazzina, prese separatamente non hanno un effetto comico. Solo dal loro accostamento ha origine tale effetto. Questo dimostra che ciò che fa ridere non è alcun elemento della scena ma un cambiamento di contesto e quindi di significato e di valore, degli elementi della scena stessa, dato che solo il contesto permette di dare significato e valore alle cose.
Inoltre l’effetto comico richiede che il cambio di contesto sia imprevisto e immediato. Infatti, tanto più lungo è il tempo che trascorre tra le frasi chiave dei due contesti, tanto più debole è l’effetto comico.
Prendiamo un altro esempio.
Anche in questo caso abbiamo un repentino cambio di contesto e quindi di significato. Nel primo contesto (evocato dal primo fumetto) abbiamo un marito che pregusta un rapporto sessuale che crede di meritare avendo fatto la doccia, evidentemente imposta dalla moglie come condizione. Abbiamo quindi un personaggio che si sente “in alto” e assume che l’interlocutore sia a sua disposizione per soddisfare il suo desiderio. Il fumetto della moglie racconta una storia completamente diversa, dove il marito appare come un perdente, sia perché la moglie non ha alcuna voglia di fare sesso con lui, sia perché si dimostra uno sciocco a non aver capito la reale situazione. Insomma, nell’inconscio dello spettatore, nel primo contesto domina il marito, nel secondo la moglie. Il cambio improvviso di dominatore gli strappa la risata.
Ancora un esempio.
In un ristorante un uomo grida al cameriere:
– Faccia attenzione! Ha infilato un dito nella mia minestra!
– Non si preoccupi, non è molto calda.
In questo caso, nel primo contesto il cliente è il dominus in quanto sgrida il cameriere e questo si trova in difficoltà avendo fatto una cosa riprovevole come mettere un dito nella minestra. Nel secondo contesto il dominus è invece il cameriere, che non si sente affatto in difficoltà, anzi, vince perché non riconosce la regola che vieta di toccare con le mani il cibo da servire. La sua libertà dalle regole è vincente, mentre il cliente è perdente perché i suoi diritti vengono ignorati e gli viene mancato di rispetto. La storiella è doppiamente comica in quanto non è chiaro se il cameriere stia prendendo in giro il cliente, ovvero lo stia sfidando, oppure non si renda conto di aver fatto qualcosa di riprovevole, dimostrando di essere alquanto sprovveduto. Questa incertezza è comica perché suggerisce un cambiamento di status del cameriere da figura sfacciata a figura stupida.
Esaminiamo infine questa vignetta.
Qui la comicità non è legata al rapporto di forza tra due personaggi, ma è incentrata sulla disavventura di una mamma che non capisce quello che le sta capitando. Qui nel primo contesto c’è una mamma che non capisce perché Facebook ha cancellato la foto del suo profilo. E’ una cosa seria che potrebbe accadere a tutti, anche allo spettatore, che perciò solidarizza con il personaggio. Nel secondo contesto scopriamo il motivo della cancellazione, che rivela una certa stupidità del personaggio oltre che la bruttezza dei suoi gemelli, scambiati da Facebook per i seni della mamma. Nel cambio repentino del contesto, agli occhi dello spettatore il personaggio cade da un rango comparabile con il proprio, in uno molto più basso, per cui lo spettatore si sente improvvisamente superiore al personaggio stesso e smette di solidarizzare con lui. L’effetto comico è dunque dovuto ad un cambiamento del rapporto di forza tra il personaggio e lo spettatore.
Comicità come tradimento improvviso e definitivo
Potremmo a questo punto chiederci se il cambio di contesto, ovvero il cambio di dominatore della scena, non comporti un cambio di solidarietà dello spettatore verso i relativi personaggi. Nel caso della seconda vignetta, possiamo infatti ipotizzare che lo spettatore sia inizialmente solidale (ovvero simpatizzante) con il marito, e che il cambio di contesto faccia spostare la sua solidarietà (e simpatia) verso la moglie. Ciò si spiegherebbe facilmente se ammettessimo che vi sia nell’essere umano una generale tendenza a schierarsi dalla parte dei vincitori.
Potremmo allora pensare che l’effetto comico sia dovuto non solo alla percezione di un cambio di rapporto di forza tra due personaggi verso i quali lo spettatore è distaccato, ma al cambiamento di una posizione affettiva inconscia dello spettatore che inizialmente si schiera con un personaggio, e poi, a seguito della sua caduta improvvisa, lo tradisce per schierarsi con il suo antagonista che lo ha battuto.
Se questa ipotesi fosse vera, si potrebbe dire che l’effetto comico implica un tradimento da parte dello spettatore, e la risata potrebbe essere l’effetto psicosomatico del tradimento stesso. La sensazione di benessere che accompagna la risata potrebbe essere infatti dovuta alla percezione di aver fatto una buona scelta, di aver superato l’angosciosa indecisione sulla persona con cui schierarsi affettivamente. Dopo il colpo di scena i rapporti di forza diventano decisamente, caricaturalmente chiari, e lo spettatore può schierarsi con tutto il cuore e in modo con-vinto dalla parte del vincitore, cosa che comporta un sollievo improvviso come la stessa risata.
Alla luce delle mie riflessioni, io ritengo che l’umorismo sia poco studiato da un punto di vista filosofico e psicologico malgrado la sua enorme importanza nella vita sociale. Basti pensare a tutte le volte che si ride o si cerca di far ridere quando si è in compagnia, e a tutti i libri, i film e spettacoli comici in circolazione. Il motivo di questa scarsa propensione dei filosofi e degli psicologi, oltre che della gente comune, a indagare le radici profonde dell’umorismo e della comicità è, a parer mio, che tali radici sono politicamente scorrette. Infatti in esse vengono alla luce aspetti della natura umana eticamente riprovevoli, come l’interesse per il rango sociale, il piacere di vedere gli altri scendere nella gerarchia (dato che ogni abbassamento altrui corrisponde automaticamente ad un proprio innalzamento) e la tendenza a solidarizzare con i vincitori.
Comicità come improvviso cambiamento di ruolo servitore/servito
Un’altra possibile chiave per comprendere l’umorismo potrebbe riguardare, invece che il cambiamento di status (superiore/inferiore) il cambiamento di ruolo (cooperatore/competitore).
Prendiamo ad esempio la vignetta seguente.
In questo caso, nel primo contesto c’è l’offerta di un servizio che consiste nella possibilità di accarezzare un animale in una specie di piccolo zoo per bambini. Nel secondo contesto ci si accorge di colpo che la reale intenzione dell’offerente è quella di ottenere dall’ignaro cliente un servizio sessuale. In altre parole, colui che inizialmente aveva un ruolo di offerente, diventa di colpo il fruitore di un servizio diverso, per di più censurabile.
Questo schema (servitore/servito) è in realtà una variante dello schema (superiore/inferiore) in quanto noi associamo consciamente o inconsciamente la superiorità al privilegio di essere serviti, seguiti, obbediti dagli inferiori, e l’inferiorità al dover servire, seguire, o obbedire (a)i superiori.
La combinazione dei due schemi (superiore/inferiore e servitore/servito) ha l’effetto comico più forte. Mi riferisco al caso in cui nel primo contesto A si presenta a B come suo servitore, pronto ad aiutarlo e ad obbedirgli, mentre nel secondo contesto si rivela suo dominatore e sfruttatore. Il secondo personaggio è improvvisamente beffato e la beffa imprevista strappa la risata nello spettatore, che era nel primo contesto solidale con B in quanto servito, nel secondo contesto con A in quanto beffatore.
Prossimo capitolo: Sommario della Psicologia dei bisogni.